Il saluto del presidente Antoci al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi

Signor Presidenteè per me un grande onore darLe il benvenuto nella nostra provincia ed esternarLe vivissimi sentimenti di gratitudine per aver voluto compiere, qui a Ragusa, il suo 100° viaggio nelle province italiane.La nostra è una provincia abbastanza giovane, festeggerà infatti, alla fine di questo anno, l’80° compleanno, ma ritiene di meritare questo Suo gesto di attenzione, perché, pur essendo la provincia più a sud d’Italia, si sente profondamente legata nel vincolo della unità nazionale e, quindi, a Colui che la rappresenta.La provincia di Ragusa, con i suoi 12 comuni ricchi di storia, tradizioni e cultura, vuole mostrarsi a Lei, sig. Presidente, con le tante peculiarità che la contraddistinguono, credo positivamente, nel panorama siciliano e nazionale tanto da essere definita “l’isola nell’isola”.La nostra economia provinciale è basata principalmente sull’agricoltura (il 37% del totale delle imprese), sull’artigianato e sul commercio, con una grande vivacità di tante piccole e medie imprese che costituiscono la vera ricchezza di questo territorio.Il polo agricolo è però quello più facilmente vulnerabile, sia per le avversità atmosferiche, sia per le epidemie zootecniche, sia per la crisi dei mercati e la concorrenza sempre più sfrenata delle produzioni extracomunitarie. Il settore agricolo è anche quello che impiega la maggior parte (il 65%) dei circa 12.000 immigrati nella nostra provincia; immigrati regolari che si sono integrati nel tessuto sociale, come dimostra, tra l’altro, il grande numero, il più alto in Sicilia, di minori stranieri che frequentano le nostre scuole.Purtroppo la Sicilia registra ogni anno tantissimi sbarchi di extracomunitari e sulle nostre coste si concentra gran parte di questo triste fenomeno.La provincia di Ragusa, sig. Presidente, tiene alto il vessillo dell’ospitalità e della solidarietà, memore dei tanti suoi figli che, in anni lontani, hanno lasciato questa terra per raggiungere altre nazioni, ove si sono perfettamente integrati, tanto da occupare ora posti e ruoli di grande rilievo.Anche questi nostri emigranti, così legati all’Italia ed alla nostra provincia, oggi, idealmente, sono qui a porgeLe il loro devoto omaggio.La Sua visita, sig. Presidente, è per noi tutti segno, all’inizio di questo nuovo anno, di una grande speranza.La speranza in una maggiore attenzione dello Stato verso questa nostra provincia che ha uno storico e consolidato svantaggio infrastrutturale nei confronti del Paese (l’indice di dotazione è, infatti, circa la metà del dato medio nazionale) e che anela invece, con le sue caratteristiche di eccellenza, a sentirsi parte integrante dell’Italia e dell’Europa.A fronte di un territorio con tre città (Ragusa, Modica e Scicli) patrimonio dell’Umanità, con bellissime coste, ambienti naturalistici di pregio ed una grande enogastronomia, non esiste un solo Km di autostrada e la ferrovia, non elettrificata, è ancora quella costruita nell’ottocento.Ecco la speranza: l’accelerazione, con tempi europei, delle realizzazioni infrastrutturali attese da tanto, troppo, tempo, per il decollo dello sviluppo del territorio.La nostra gente non riesce a capire come in altre parti d’Italia si lotta per non avere la TAV, mentre qui si attende il minimo indispensabile per sentirsi, anche con la costruzione del Ponte di Messina, più uniti al resto del Paese.Siamo, sig. Presidente, al centro del Mediterraneo, che tra quattro anni diverrà zona di libero scambio e vorremmo essere preparati a diventare coprotagonisti di questo grande evento, sia con le necessarie infrastrutture, sia con la realizzazione di una storica aspirazione del territorio: quella di essere sede autonoma di una nuova Università statale.Le nostre nove facoltà e corsi di laurea e le altre tante attività accademiche ci fanno sperare in un coronamento di questo auspicio.Benvenuto ancora quindi, sig. Presidente, a Lei, a Donna Franca, ai Suoi collaboratori, in questa terra che ha dato i natali a Quasimodo e Bufalino, a G. Battista Hodierna, al musicista Pietro Floridia, a Salvatore Fiume, a Giorgio La Pira, allo scultore Cappello.Oggi è l’11 gennaio, data che ancora oggi, in tutto il Val di Noto, viene ricordata per il terribile sisma che, nel 1693, provocò distruzione e morte, ma che costituì la triste premessa per la splendida, successiva, ricostruzione barocca.D’ora in poi ricorderemo pure l’11 gennaio come la data in cui questa comunità provinciale si è ritrovata unita attorno al Capo dello Stato, non solo per tributargli un doveroso ed affettuoso omaggio, ma anche per trarne motivo di rinnovata fiducia e speranza che è possibile, con una celebre frase di Giorgio La Pira, “abbattere i muri e costruire i ponti” per sentirsi sempre più vicina all’Italia e all’Europa.Giovanni Franco Antoci

Ultimo aggiornamento

11 Gennaio 2006, 00:00